Il pesce, come tutti sappiamo, è un alimento altamente deperibile, perciò ha bisogno di essere conservato in condizioni appropriate, partendo già dal momento della pesca.
Le principali modificazioni che avvengono
La prima refrigerazione a cui il pesce viene sottoposto, è sui pescherecci, in cui viene conservato sotto ghiaccio, quindi a zero gradi; in questo modo si conserva fino a sette giorni, successivamente, il pesce incomincerà a sviluppare alterazioni importanti, trasformando l’ossido di trimetilammina (questo valore viene utilizzato come indice per verificare la freschezza del pesce, in quanto, la sua assenza, verifica un pesce vecchio) in trimetilammina e altri composti come IMP (che tende gradualmente ad accumularsi ed è associato alla sensazione gustativa umami, perciò non è da considerare totalmente negativa una sosta del pesce prima del consumo), Istamina (questa molecola è già presente nel pesce, ma l’aumento della sua concentrazione nel tempo può sviluppare reazioni allergiche in persone sensibili) e altri composti.
Quindi, per evitare che il prodotto si degradi, è meglio attuare, anche a casa, delle buone tecniche per conservare il pesce:
Metodi facili e casalinghi
Refrigerazione
La refrigerazione casalinga permette di conservare il pesce per 3-4 giorni alla temperatura di circa 4°C, attuando le giuste tecniche: eviscerazione, lavaggio e la disposizione in bacinelle con griglie, così da far sgocciolare i liquidi in eccesso e non permetterne il contatto con la carne, che andrebbe a sviluppare batteri più velocemente; oltre a questi accorgimenti, bisogna mantenere questi alimenti nella parte bassa del frigorifero.
Congelamento
Se si abbassa ulteriormente la temperatura, si va incontro al processo di congelamento e la qualità del prodotto dipende dalla rapidità con cui il raffreddamento viene eseguito.
Con il congelamento o congelamento lento, le molecole di acqua vanno a formare dei macrocristalli di ghiaccio, perché si raggiungono temperature al di sotto dei 18°C sottozero, ma molto lentamente; quando si andranno a scongelare questi prodotti si avrà una perdita di acqua elevata proprio per la presenza di macrocristalli.
Marinatura
La marinatura è una tecnica conservativa, con una storia non troppo lontana dai giorni nostri. Questa si basa sull’azione inibitrice dell’acido acetico e del sale, sullo sviluppo di batteri; in una prima fase, grazie all’elevata concentrazione e ai tempi lunghi di esposizione, si ha una coagulazione delle proteine; in una seconda fase, il prodotto, verrà mantenuto in una soluzione più diluita.
Prendiamo come esempio l’Anguilla marinata di Comacchio PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali): questa viene eviscerata e decapitata, incisa al fine di favorirne la spiedatura, cotta mediante calore derivante dai camini a legna, infine viene immersa in lattine, nelle quali viene messa una soluzione di aceto, sale di Cervia, acqua e alloro.
Metodi “industriali” per conservare il pesce
Surgelazione
La surgelazione o congelamento rapido, è una tecnica che consente di ottenere un prodotto con la formazione, non più di macrocristalli, ma di microcristalli, grazie alla velocità con cui avviene questo procedimento; infatti, il prodotto, viene esposto a una temperatura al di sotto dei 40°C sottozero con aria forzata, facendolo arrivare nel minor tempo possibile a -18°C e va mantenuto per tutto il periodo di conservazione e trasporto a -18°C.
Il termine congelamento e surgelazione è tipicamente italiano, perché il processo è quasi il medesimo ma con velocità differenti.
Inscatolamento
È una tecnica in cui il pesce viene pulito, tagliato (non sempre), inserito in determinati contenitori (come possono essere dei vasi), riempiti di una sostanza conservante come l’olio; successivamente questi contenitori vengono sterilizzati, alla temperatura quindi di 120°C.
Solitamente viene utilizzata per pesci di piccola taglia, ma anche per pesci decisamente più grandi come tonno, sgombro o anguilla.
Metodi ancestrali per conservare il pesce
Essiccazione
Questa tecnica ci viene donata dai popoli nordici e consiste in: dissanguamento da eseguire subito dopo la pesca, eviscerazione, lavaggio e sgocciolatura, legatura, essiccazione su rastrelliere (condizionata da variazioni atmosferiche, vento e dimensioni), raccolta e ulteriore essiccazione su pallet, classificazione e imballaggio.
Un alimento immagine per questa tecnica è lo stoccafisso. Da anni, banchi di merluzzi provenienti dal nord, si dirigono verso mari più temperati per deporre le loro uova; una parte di essi segue le correnti del golfo, terminando il loro viaggio sulle coste della Norvegia proprio quando c’è il periodo perfetto per l’essiccazione.
Salagione
Questo metodo può essere fatto in due modi: a secco o in umido.
Nel primo caso prendiamo come esempio la colatura di Alici di Cetara DOP. Questa preparazione deriva da un’antica ricetta dell’epoca romana, il Garum. La materia prima, ovviamente, è l’alice, pescata con reti a circuizione (la rete utilizzata per i pesci di piccola pezzatura viene chiamata cianciolo, e solitamente, il banco di pesci, viene attratto in un punto particolare grazie alle lampare, delle potenti fonti luminose); queste vengono decapitate ed eviscerate, poste sotto sale per 24 ore e poi all’interno di botti di legno di rovere o castagno, sopra al quale vengono messi dei pesi; il liquido che ne uscirà sarà proprio la colatura.
Invece, per quanto riguarda la tecnica di salagione in umido, viene utilizzata solitamente insieme alla salagione a secco o essiccazione; ad esempio: nelle Acciughe sotto sale del Mar Ligure IGP, queste alici hanno una pre-salagione per favorire la fuoriuscita del sangue, un asportazione delle viscere, una salagione per 40/60 giorni (in cui i primi 5 giorni si utilizza sale secco e per i restanti giorni viene sostituito da una salamoia); trascorso questo tempo, le alici, vengono disposte a strati separati da un velo di sale marino, in contenitori cilindrici di vetro chiamati arbanelle.
Affumicamento
Questo antico processo serviva per poter conservare a lungo determinate derrate alimentari, oggigiorno viene utilizzato per conferire sapori e colorazioni tipiche, sfruttando l’azione combinata del sale, dei costituenti del fumo (che hanno attività battericida) e dell’essiccazione.
L’alimento viene esposto al fumo che scaturisce dalla combustione di legname (che può essere di betulla, castagno, melo ecc…); questa azione può essere preceduta da una fase di asciugatura.
Esistono diverse tipologie di affumicature: combustione lenta, senza fiamma, di legno non trattato; combustione a freddo, con una temperatura superiore ai 30°C e umidità al 70%, e fumo a temperatura ambiente a bassa densità; Warm smoking, con una temperatura del fumo tra 25°C e 50°C e un’umidità al 70%; Hot smoking, con una temperatura che arriva fino a 100°C.
Un prodotto tradizionale italiano dove viene utilizzata questa tecnica è la Trota affumicata di San Daniele, che fa parte dei PAT. La “Regina di San Daniele” è una trota salmonata affumicata a freddo con legni, bacche ed erbe aromatiche.