I custodi del castagneto
L’Appennino che separa Toscana ed Emilia Romagna è una terra di confine in cui si conservano ancora oggi saperi e usanze antiche, che spesso riguardano prodotti unici del territorio e le tecniche tradizionali con cui vengono trattati.
Due anni fa a Fontanaluccia – piccola frazione immersa tra le vallate e i boschi di castagno e faggio – Davide, insieme alla moglie Barbara e al figlio Lorenzo, hanno dato nuova vita a un antico seccatoio per castagne risalente al secolo scorso, salvandolo dal crollo, ristrutturandolo e rimettendolo in funzione. Un tempo molte famiglie del territorio possedevano il proprio seccatoio, ma con il declino dell’agricoltura montana la quasi totalità di queste antiche strutture è crollata.
Questo casone in pietra, detto “metato”, viene alimentato esclusivamente con legno di castagno e riesce a produrre, nell’arco di circa 40 giorni in cui il fuoco viene mantenuto costantemente acceso, ottime castagne secche che, macinate presso il mulino ad acqua del paese, vengono poi trasformate in dolcissima farina di castagne.
Arrivare nel bosco in cui si trova il seccatoio è di per sé fiabesco: dallo stretto sentiero ricoperto da un tappeto di foglie di castagno e faggio, si inizia a intravvedere il fumo azzurrognolo che filtra attraverso i rami e i raggi del sole.
Tutto intorno, i colori mutevoli dell’inverno.
Tutta la famiglia lavora alla raccolta delle castagne, dalla selezione manuale fino al taglio della legna da ardere e all’essiccazione.
Le castagne devono affumicare, non bruciare, altrimenti la farina diventa amara. Se, invece, le castagne seccano lentamente, la farina risulta dolce. Il lavoro, però, non si concentra esclusivamente nei mesi autunnali. Il castagneto necessita di continua manodopera e supervisione, soprattutto durante le nevicate invernali, per consentire ai suoi frutti di essere perfetti per l’autunno successivo.
“Si tratta di un lavoro impegnativo e spesso poco remunerativo – spiega Davide – ma la soddisfazione e la pace che si provano nel bosco, a contatto con la natura, nel vedere con i miei occhi il frutto di tanta fatica, mi confermano che ho fatto la scelta giusta”.
Quella di Davide e della sua famiglia somiglia quasi ad una missione, quella di prendersi cura con tenacia e impegno di un territorio spesso sconosciuto e fuori dalle rotte turistiche, che silenziosamente vuole raccontarsi e farsi scoprire.
Il loro impegno è fondamentale anche dal punto di vista strettamente culturale, infatti l’antico mulino del paese viene utilizzato a scopi didattici, per tramandare queste antiche tradizioni alle nuove generazioni e per suscitare consapevolezza e attenzione nelle generazioni future che si occuperanno attivamente della tutela del bosco e dei suoi tesori.