La longevità nel piatto: vivere 100 anni si può

Prima parte genetica


longevità
 

La Longevità: Chi ha letto il titolo dell’articolo, già sta immaginando di trovare la ricetta magica dell’elisir di lunga vita, ma, purtroppo, rimarrà deluso, anche se è vero: vivere 100 anni si può! E questo grazie al cibo. Non esiste però una ricetta o un alimento; esiste una strategia a lungo termine, che va seguita a lungo termine e come regola di vita: solo così l’effetto benefico del cibo si può far sentire.

Dovete considerare che l’invecchiamento è un processo fisiologico (invecchiare NON è una malattia) e dinamico, nel senso che non solo è progressivo, ma può essere rallentato e anche bloccato per un certo periodo di tempo.

 

Non posso addentrarmi in discorsi troppo impegnativi, ma dovete pensare che ci sono 4 importanti pilastri da tenere in considerazione quando parliamo di longevità:

  • la genetica;
  • l’ambiente;
  • il cibo;
  • i farmaci.

 

Liquido in modo molto approssimativo ambiente e farmaci, perché qualcuno potrebbe parlare di questi aspetti in modo più appropriato, e vi parlo invece di genetica e cibo.

Cosa c’entra la genetica con la longevità? C’entra eccome. Sono stati identificati oltre 100 geni collegati alla longevità direttamente, ma se consideriamo poi tutti i geni che ci predispongono a malattie croniche tipo tumore, diabete, malattie cardiovascolari, allora possiamo dire che i geni collegati direttamente o indirettamente alla longevità sono migliaia.

Per capire quanto sia importante la genetica, vi faccio solo 2 esempi e poi vi cito uno studio scientifico.

 

Il primo esempio riguarda Winston Churchill: la vita di questo illustre statista è stata costellata di tutto quello che una persona non dovrebbe fare. Churchill fumava come un turco, beveva alcolici in modo esagerato ed era obeso; eppure, è vissuto 91 anni! Pensate che una volta, di fronte al Re d’Arabia, disse: “La mia religione mi impone come rito assolutamente sacro il fumare sigari e il bere alcolici prima, dopo e se è il caso durante tutti i pasti e nell’intervallo tra un pasto e l’altro”.

Ora è evidente che o tutti gli studi osservazionali fatti per decenni su centinaia di migliaia di casi (che dicono che fumo, alcol e sovrappeso sono nemici della longevità) sono tutti falsi oppure ci troviamo di fronte ad un rarissimo caso di combinazione genetica assolutamente resistente a diversi fattori ambientali che, per la maggior parte dei casi, sono dannosissimi.

 

Il secondo esempio è il contrario del precedente: Georges Ohsawa, l’inventore della dieta macrobiotica. Persona incredibilmente misurata, con un’alimentazione ineccepibile, che però è morto a 73 anni!

Anche in questo caso, se avessimo modo di studiare il genoma di questo illustre personaggio, probabilmente scopriremmo una rara situazione in cui la predominanza di geni contrari alla longevità era altissima.

 

Conoscere il proprio genoma è importante perché, innanzitutto, si riesce a capire in quale fascia di rischio cadiamo per ciascun disturbo o patologia. Ovviamente, proprio in virtù di quanto scopriamo, possiamo mettere in atto alcune misure che possono rivelarsi decisamente un salva-vita personale, perché il DNA, in qualche modo, si può hackerare, cioè, conoscendo nel dettaglio i geni buoni e i geni cattivi, possiamo usare determinati cibi o sostanze che ci permettono di potenziare i geni buoni e silenziare i geni cattivi.

 

Questo, ai tempi del Sig. Ohsawa, non si sapeva e, sebbene egli avesse vissuto in modo morigerato e corretto, mangiando bene e senza eccessi, non è comunque riuscito ad allungare la sua vita. È solo in questi ultimi anni che le frontiere prima della nutrigenomica e poi dell’epigenetica ci hanno aperto delle prospettive interessantissime.

 

A tal proposito vi parlo appunto di uno studio interessantissimo, proprio legato alla longevità e alla possibilità di hackerare il DNA.

Uno dei geni più interessanti e direttamente legati alla longevità è il SIRT1. Questo gene interviene a livello di decine e decine di reazioni biochimiche aumentando il metabolismo, diminuendo l’infiammazione, limitando la neurodegenerazione e chi più ne ha più ne metta. Ebbene è stato fatto un interessante studio sui topi (Mitchell SJ, Martin-Montalvo A, Mercken EM, et al. The SIRT1 activator SRT1720 extends lifespan and improves health of mice fed a standard diet. Cell Rep. 2014;6(5):836-843. doi:10.1016/ j.celrep. 2014.01.031) in cui è stato evidenziato come attivare specificatamente il gene SIRT1 allunghi in modo considerevole la vita dei topi. Sono stati creati 4 gruppi di topi:

SD = nutriti con una dieta standard

SD + SRT1720 = nutriti con una dieta standard e un attivatore di SIRT1

HFD = nutriti con una dieta ricca di grassi

HFD + SRT1720 = nutriti con una dieta ricca di grassi e un attivatore di SIRT1.

 

Ebbene, se avete la pazienza di interpretare il grafico vedrete che il 50% dei topi (linea tratteggiata orizzontale) nutriti con HFD (linea viola) erano già morti dopo 90 settimane (considerate che la vita media di un topo è 140 settimane). Il 50% dei topi nutriti con HFD con aggiunta di attivatore di SIRT1 (linea arancione) era morta dopo 120 settimane, con una sopravvivenza media maggiore di 30 settimane (che, per un topo, è un’eternità). Se poi, invece di mangiare male, i topi mangiano “normale”, con una dieta standard la sopravvivenza aumenta ancora e, con aggiunta di attivatore di SIRT1, aumenta ancora di più!

 

Il cibo è fondamentale quindi sia come supporto diretto alla longevità, sia per hackerare il DNA, attivando geni fondamentali per vivere più a lungo.

Spero quindi di avervi convinto ad aspettare il prossimo articolo dove parlerò di tutti i cibi che ci allungano la vita. Alla prossima!


Primo Vercilli

medico dietologo nutrigenetico
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