Cibi processati: i danni dei cibi poco naturali e i benefici di quelli poco trasformati

cibi processati
 

È sotto gli occhi di tutti come l’alimentazione, i nostri gusti, le nostre abitudini, i nostri ritmi di consumazione del cibo siano ormai notevolmente cambiati rispetto ad alcuni decenni fa.

Prendo spunto da alcuni articoli statunitensi per dare un po’ le dimensioni del problema, che però non è affatto un’esclusiva degli Stati Uniti, ma, in declinazioni leggermente differenti, è una prerogativa planetaria. Se prendiamo le fasce d’età più giovani, gli studi dicono che, dagli inizi degli anni duemila ad oggi, la quantità di bevande e alimenti ultraprocessati, consumati dai bambini negli Stati Uniti, è aumentata fino a raggiungere i tre quarti delle calorie complessivamente assunte nell’intera giornata.

 

I tipi di prodotto che sono aumentati di più, come frequenza e quantità di consumi, riguardano soprattutto gli alimenti pronti o al massimo da scaldare. Secondo un recentissimo articolo riportato sulla rivista JAMA (Wang L, Martínez Steele E, Du M, et al. Trends in Consumption of Ultraprocessed Foods Among US Youths Aged 2-19 Years, 1999-2018. JAMA. 2021;326(6):519–530), gli alimenti che sono aumentati, nei consumi quotidiani, sono principalmente dolci industriali, sia in forma di snack che come dessert, passati dallo 0,6 al 12,9% della media delle calorie giornaliere.

 

Un altro gruppo di prodotti che è aumentato in modo esponenziale è quello che racchiude pizza, patatine, burger, che è passato da 2,2 a 11,2% della media delle calorie giornaliere.

Parallelamente, poi, si è anche avuto un calo nel consumo di alimenti sani, minimamente processati, passati dal 28,8 al 23,5% delle calorie giornaliere.

 

Fin qui non vi sarà sfuggito che il criterio da tenere in mente per una sana alimentazione è senz’altro consumare cibi poco processati. Ma quali sono i cibi più o meno processati?

Per una adeguata classificazione, ci viene in aiuto la “Classificazione NOVA” (Monteiro CA, Cannon G, Levy RB et al. NOVA. The star shines bright. World Nutrition January-March 2016, 7, 1-3, 28-38), che distingue i cibi in:

  • Alimenti non trasformati o minimamente trasformati: frutta e verdura, carne, pesce, uova, latte, ma anche farine, legumi, caffè, per esempio.
  • Alimenti non trasformati o minimamente trasformati: frutta e verdura, carne, pesce, uova, latte, ma anche farine, legumi, caffè, per esempio.
  • Cibi processati. La maggior parte di questi alimenti è realizzata con due o tre ingredienti e ha subito una lavorazione come cottura e conservazione. In questa categoria rientrano, ad esempio, verdure e legumi in scatola, carni lavorate, il pane, la birra e il vino.
  • Cibi ultra-processati: prodotti alimentari e le bevande frutto di formulazioni industriali ottenute tipicamente con cinque o più ingredienti. Tra gli ingredienti talvolta presenti si annoverano additivi il cui scopo è quello di imitare le qualità sensoriali degli alimenti del gruppo 1 o delle preparazioni culinarie di questi cibi, o di mascherare le qualità sensoriali indesiderabili del prodotto finale. Attenzione quindi: tutti i prodotti industriali, che hanno la pretesa di avvicinarsi a quanto prepariamo in casa (pizze, panini, snack, dolci) sono tutti cibi ultra-processati.

 

Non sto qui ad elencare i danni alla salute provocati dal consumo di cibi processati e ultra-processati, né voglio ancora una volta esporre i benefici di un’alimentazione ricca in frutta e verdura.

Voglio però porre l’accento sul fatto che alimenti con alto grado di processazione influiscono in modo estremamente negativo sulla nostra flora batterica intestinale (ormai comunemente chiamata microbiota), peggiorando enormemente lo stato infiammatorio del nostro organismo.

 

Il British Medical Journal riporta che, tra chi consuma meno di un alimento ultra-trasformato al giorno e chi ne mangia cinque o più, il rischio di malattie intestinali di tipo infiammatorio sale dell’82%, mentre tra chi ne consuma meno di uno al giorno e chi ne consuma da uno a quattro al giorno, il rischio sale comunque del 67%!

 

Ma, se da una parte conosciamo tutti i cibi che peggiorano il nostro microbiota (e di conseguenza lo stato infiammatorio del nostro organismo), dall’altra conosciamo anche quali sono invece i prodotti che possono diventare alleati del nostro microbiota.

Fino a qualche anno fa si pensava che gli unici, veri alleati del nostro microbiota fossero solo le fibre. Si è visto invece che c’è un altro gruppo di alimenti decisamente efficace: i prodotti fermentati.

 

Secondo un recente studio (Hannah C. Wastyk, Gabriela K. Fragiadakis, et al. Gut-microbiota-targeted diets modulate human immune status. 2021. Cell. Elsevier), una dieta con alimenti fermentati migliora la biodiversità del microbiota e riduce in modo notevole 4 delle 19 molecole pro-infiammatorie presenti nel sangue.

 

Un ultimo dato, forse interessante: ogni hot dog consumato fa perdere 36 minuti di vita sana (per alcuni alimenti si arriva a 74), così come ogni porzione di alimenti quali frutta e verdura fresche, frutta secca o pesce, ne fa guadagnare 26, ma con alcuni tipi si arriva a 80! (Stylianou, K.S., Fulgoni, V.L. & Jolliet, O. Small targeted dietary changes can yield substantial gains for human health and the environment. Nat Food 2, 616–627. 2021).

 

Che dire: cerchiamo dappertutto l’elisir di lunga vita e invece pare proprio che allungarsi la vita sia più semplice di quanto sembri!


Primo Vercilli

medico dietologo nutrigenetico
www.metodonigef.com , Pagina Facebook